Notte’e Xena

Nella tradizione sarda, la vigilia di Natale era il momento della riunificazione del nucleo famigliare.

I pastori tornavano a casa, dopo mesi passati nei freddi ricoveri di montagna a pascolare il gregge. Sa Notte ‘e Xena (la Notte della Cena) era un momento importante celebrato attorno al focolare. Per l’occasione veniva predisposto un grosso ceppo, Su truncu ‘e xena, che doveva riscaldare le festività natalizie, e si consumavano i prodotti tradizionali che ancora oggi imbandiscono le tavole dei sardi, l’agnello, il capretto arrosto o il maiale, che non si mangiavano negli altri periodi dell’anno, formaggi e salsicce, i culurgione, il pane e i dolci tipici (amaretti, pane di sapa, croccante di mandorle ecc.), la frutta secca.

Era obbligatorio consumare tutto, perchè l’abbondanza non era una condizione frequente. Specialmente i bambini venivano ammoniti a riempirsi la pancia o sarebbero stati visitati durante il sonno da Maria Puntaborru o Palpaeccia, a seconda del paese, una megera che avrebbe controllato il loro stomaco e infilzato con uno spiedo quelli vuoti.

Dopo la cena ci si intratteneva ascoltando le storie e gli anedotti degli anziani o giocando a i giochi tradizionali, come Sa tombula (tombola), Su barralliccu (la trottola in legno) o Set’e mesu (Sette e mezzo). Al rintocco delle campane di mezzanotte iniziava Sa miss’e puddu, la messa di Natale che era la messa del primo canto del gallo, alla quale partecipavano tutti ranne le donne in lutto. Non era raro che durante questa celebrazione i festeggiamenti diventassero eccessivamente rumorosi, talvolta venivano sparati anche colpi di archibugio.

 

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